Cara Pat

Pubblicato il da marinabisogno

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Cara Pat,

è arrivata l’estate e Napoli in questi giorni è incandescente. Il caldo acuisce a tratti un senso di solitudine, che mi sforzo di contrastare con tutta l’energia che posso.

 Ti scrivo perché sai ascoltarmi, perché mi conosci come pochi. Inseguo sempre il vento, proprio come tanti anni fa. E inseguo l’amore, specie ora, che mi sembra di sapere addirittura cosa sia. Ora dopo anni, ora dopo Erica.

La incontrai ad un corso di pittura. I suoi occhi grigi, i capelli ramati, lunghi, lunghissimi e folti. Dal primo giorno di corso non ho potuto fare a meno di fissare le sue mani. Scorrevano veloci, nervose eppure delicate. Il pennello scivolava sulla tela come l'asta di un violinista sullo strumento. Un atto d’amore per una passione incontenibile.

Tonalità del rosso, dell’arancio e del blu: colpi di pennellate per ridisegnare l’infinito, mentre io non riuscivo a buttare giù nemmeno una linea di colore. Eduardo, il nostro insegnante, ci chiedeva sempre di tirare fuori l’anima. “Spalmate l’anima sulla tela davanti a voi, portatemi per mano in un posto che non c’è”ci ripeteva sempre. Lei ci riusciva benissimo a trasferire sul foglio l’onda delle sue  emozioni, senza mai vergognarsene, senza mai tirarsi indietro.

Teneva una gamba rivolta verso sinistra e l’altra appoggiata sul piolo dello sgabello. Gli occhi volatili per catturare le idee, le immagini, le emozioni.

Quando iniziava a dipingere si sollevava i capelli con una matita, lasciando cadere qualche ciuffo sulle spalle  decise. L’ammiravo immobile e pensavo a quanto fosse bella, a quanto fosse libera e unica.

Un giorno ci siamo incontrati in libreria. Lei cercava un’agenda colorata in carta riciclata, io un libro che mi ispirasse, che mi richiamasse dallo scaffale proprio come Erica mi richiamava dallo sgabello. L’ho salutata e invitata  a bere un caffè. Non sembrava entusiasta, ma non si è tirata indietro. Per me era già tanto.

Abbiamo parlato per due ore di seguito del più e del meno, ironizzando e viaggiando su canali di comunicazione noti solo a noi. Sorrideva con gli occhi e il rame dei capelli le illuminava il viso, tipo il palco di un teatro su cui non si sa cosa potrebbe accadere.  Sai Pat, ha iniziato persino a prendermi in giro. E rideva, dio quanto rideva! Giovane immersa in un mondo immaginario dove non ci sono pregiudizi e stupide morali, solo la vita e la luce, e i colori.

Tre giorni dopo l’ho invitata a cena e ci siamo divertiti da morire. Lei si è ubriacata un po’ e si lasciata andare con facilità ai gesti e alle emozioni. Ero disarmato davanti alla sua energia, davanti alla sua unicità. Avrei voluto ritrarla e regalare quell’immagine al mondo, ma potevo solo fotografarla con gli occhi. Elegante e seducente eppure semplice. Muoveva le mani, la testa come se seguisse un ritmo, forse i battiti del cuore.

Parlava, parlava. La lingua le si era sciolta del tutto ed io stavo lì ad ascoltarla, ad interromperla e a prenderla in giro.  Innamorato, Pat? Forse per la prima volta in vita mia, o forse per la centesima non so; seguo ancora la scia delle emozioni da inguaribile amante della bellezza. “La bellezza salverà il mondo” diceva Dostoevskij e io ci credo.

Poi l’ho baciata. Proprio durante la cena. Mi sono fiondato su di lei come un bambino su una fetta di torta.

Oggi ho ritrovato una sua foto tra le pagine di un’agenda e ho avvertito l’impellente bisogno di scrivere di lei: chi meglio di te avrebbe potuto ascoltarmi? Lo so, mi dirai che sono un egoista, che non ci sentivamo da tempo e che mi ricordo di mia sorella solo ora che Erica non c’è più.

Ma il nostro è un legame di sangue e il sangue è il succo della vita, non trovi?

 

 

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